17/06/2016
Giorno 1
Il viaggio è lungo, sei ore di macchina, tre regioni, quattro diversi tipi di strade, tra autostrade, provinciali, statali e la Jonica.
Quindi da brave donnine prudenti, con Orsetta -presente sotto forma di trench fresco di stiro – abbiamo assicurato la sedia al sedile con la cintura di sicurezza, per l’ilarità dei vari benzinai che non mancavano di notarlo immediatamente. Per il trench, si è deciso di contare sull’imbottitura fiorata.
Al primo pit stop, si decide di comprare un gratta e vinci in onore di Orsetta. E, attenzione attenzione, VINCIAMO 20€!!!!
Voi ci direte, ok, wow, capirai, venti Euro.
Ma la notiziona è che la Magni, quelle altre dieci volte al massimo che avrà tentato la sorte, non ha mai vinto nemmeno l’equivalente di un altro biglietto!
La Barbadoro via Whatsapp da sfogo al suo fatalismo positivista parlando di segni delle stelle e presagi fausti. La Magni si accontenta di incassare la vincita e comprare un altro biglietto, non si sa mai. Invece, come da manuale, ha buttato 5€.
Ma l’umore è decisamente migliorato!
Durante il tragitto siamo costrette a seguire la telecronaca della partita
Italia-Svezia, visto che alla radio non trasmettono altro e la palpebra della Magni comincia a calare, giunta alla quinta ora di guida.
Ma sulla Jonica incontriamo un cartello stradale che ci manda inequivocabili segnali e moniti. A mali estremi, decidiamo, se proprio siamo messe male, sapremo a chi rivolgerci …
All’arrivo a Crotone, la signorina del navigatore dall’accento vagamente slavo, ci fa deviare sulla litoranea regalandoci scorci fantasma del modernismo post industriale locale.
Ci chiediamo se sia giunto il momento di rivolgerci a chi di dovere (vedi sopra) o confidare ancora un po’ nell’immensità di Google Maps.
Ma l’Italia ha vinto in zona Cesarini (notare l’uso di terminologia perfettamente aderente alla circostanza), quindi dovrebbero essere tutti di buon umore, riflettiamo, e restiamo laici ancora per qualche chilometro.
Finalmente arriviamo al Teatro della Maruca -mai dubitare di Mountain View- i cui baldi componenti ci accolgono con le mani ancora sporche di terra. Non è un commento sulle loro eventuali origini contadine (dopo aver approfondito la conoscenza, tra l’altro, dubitiamo che ne abbiano, per lo meno senza dover risalire di tre-quattro rami il loro albero genealogico); è un dato di fatto. Quello che sembrava un lavoro artistico di riarredo urbano, infatti, altro non è che la reazione a dei ladri che si sono portati via i vecchi vasi di plastica delle piante del teatro (!!!), lasciando però i cespugli nella loro terra diligentemente allineati sul selciato. Quindi, un paio di imprecazioni e poi vasi nuovi, catene per assicurarli ai paletti, e vai col rinvaso.
L’amicizia è immediata.
Ladri a parte, lo spazio è un gioiellino.
La Magni si accomoda felicemente nella foresteria del teatro, che è attrezzata meglio di molte delle sale prove dei teatri stabili nei quali ha avuto modo di bazzicare. E c’è pure una doccia con acqua calda!
Orsetta invece ci presenta un suo lato finora sconosciuto da principessa sul pisello e decide che dormirà in macchina, appesa al poggiatesta dell’auto nel suo delizioso e tuttora stirassimo trench rosa.
La notte cala, la palpebra crolla, la pigrizia trasforma il teatro in una specie di basso napoletano, ma l’unghia è smaltata di fresco, ed è valsa la pena immortalarla.