EPPURE CI SI CASCA SEMPRE
maggio 2017
Premessa: non abbiamo mai gestito un teatro a Roma. Né altrove, se per questo.
Ma dato che in Italia chiunque può farlo, allora noi che facciamo questo mestiere da 30 anni crediamo di avere il diritto di parola. Soprattutto per aver vissuto in prima persona ciò di cui parliamo.
A Roma il numero di teatri supera quelli totali della Basilicata e del Molise. Ok, non è difficile, diciamo della Basilicata, del Molise e della Liguria. Forse potremmo includere anche la Valle D’Aosta.
Insomma, a Roma ci sono oltre 200 teatri. Il grosso dei teatri romani è sotto i 99 posti. Roma è una città di 2 milioni e 800 mila abitanti. Il che significa 14.000 abitanti per teatro.
Eppure i teatri a Roma non hanno pubblico.
A Roma il pubblico non va a teatro, dicono i gestori.
Quindi si fanno una concorrenza sfegatata e stupida.
Nei teatri romani che stiamo analizzando, quelli che ospitano le compagnie medio-piccole, nel 70% dei casi si va a percentuale sugli incassi. Nel restante 30% si paga un affitto. In maniera esplicita o col sistema del minimo garantito da dare al teatro (!) per le spese di gestione.
Quindi bisogna riempire a sala.
In genere si fa una replica secca. Il cartellone prevede 5/6 spettacoli diversi a settimana. Per il gestore significa continuo ricambio del pubblico. Per la compagnia, del resto, una settimana di repliche a Roma è un suicidio finanziario.
Poi ci sono le rassegne a premi, spesso di corti teatrali. Per partecipare alla selezione si chiede un contributo per le spese di segreteria (!). Se vieni selezionato, partecipi a una delle varie serate, condividendola con altre compagnie. Il pubblico proclama il vincitore. Per vincere, le compagnie riempiono la sala di pubblico amico. Il teatro fa il tutto esaurito, il gestore è felice. La compagnia vincitrice del premio -spesso una targa- aggiunge “spettacolo vincitore della rassegna …” alla sua locandina.
Come si compone il pubblico delle piccole/medie compagnie? Di altri artisti, in genere. Che si scambiano i favori e si vanno reciprocamente ad applaudire. E poi amici, parenti e conoscenti degli artisti. Se va bene, i loro followers. Il giro è piccolo, alla fine ci si conosce tutti e il pubblico si sovrappone.
E gli amanti del teatro? Assenti: l’offerta è strabordante, non possono andare a teatro ogni sera.
Vanno nelle grandi sale.
Come si attiva allora il gestore di un teatro a Roma per garantire visibilità e successo alla serata? Forte di una più o meno corposa Mailing List manda la sua brava newsletter con le info del mese e aspetta prenotazioni. Se la compagnia tira, pensa, ci sarà il pienone, altrimenti aria.
E le locandine? Gli annunci? La promozione stampa? Assenti. A volte alle compagnie si chiede di partecipare alle spese di pubblicità, oltre a fornire le locandine stampate ad hoc per l’evento.
E l’artista? Al limite dello stalking, a rischio di farsi cancellare dalle liste di amici, l’artista bombarda di messaggi, whatsapp, mail, inviti Facebook, chiamate, lettere, tag e allegati i propri vicini, colleghi e familiari.
Chi di essi risponderà alla chiamata, per interesse, simpatia o esaurimento, al botteghino compilerà una tessera. Così entrerà a far parte della fatidica Mailing List del teatro e riceverà le informazioni sulle programmazioni future.
A volte un gestore riesce a portare un nome medio/vagamente noto e fare il pienone. Nuovi indirizzi da aggiungere alla Mailing List, si dice sfregandosi le mani.
Ma quella Mailing List è carta straccia digitale. Perché è legata al singolo spettacolo. Un pubblico che nell’87% dei casi (ad essere positivi) non tornerà.
Chi è venuto da fuori zona ha passato 20/40 minuti in macchina, più altri 20 per trovare un parcheggio. E ancora smadonna. Il pubblico di zona? È venuto per il nome, sotto quel livello cestina la newsletter senza leggerla.
RISULTATO:
I teatri finiscono per farsi concorrenza su un pubblico di qualche migliaia di persone su un bacino di quasi 3 milioni di utenti.
Il gestore del teatro fa i conti su una falsa ricchezza e scarica la colpa della sala vuota sull’artista che non tira.
L’artista arriva in scena esausto, continuando fino all’ultimo a comunicare i cambi di prenotazione al botteghino e a fornire agli amici indicazioni su dove conviene cercare parcheggio.
Ecco perché secondo noi fare uno spettacolo a Roma è inutile.
Un tempo era il solo modo per ottenere una recensione. Ormai, neppure quella. Guadagnare, non se ne parla nemmeno. Visibilità? Se lo vuoi fare per amici e parenti …
Eppure …
Ne ha scritto molto meglio di noi qui Winnie Plitz nel 2013. Sembra un post di ieri.
Ci sono altre soluzioni?
Certo che ci sono. Ma nascono da visioni a lungo termine.
Nel caso, saranno oggetto di un nuovo blog.